PER LE ARANCINE CI VUOLE UN MOZZO
La preparazione delle arancine è un rito a cui partecipo, con ruoli diversi, sin da quando ero bambina. Allora, mia madre, comandante della nave-cucina, mi ammetteva con una certa riluttanza a collaborare con lei, in qualità di mozzo, consentendomi di aiutarla a modellare le sfere di riso, a riempirle, richiuderle e impanarle.
Mentre il “ragù” (l’ingrediente principale del ripieno tradizionale, che nulla ha a che fare con quello alla “bolognese”) cuoceva lentamente in pentola, la cucina si impregnava del profumo di chiodi di garofano e noce moscata; il riso, reso giallo dallo zafferano e disposto a raffreddare su un grande piatto da portata, sembrava un sole splendente, pronto a trasformarsi nei tanti piccoli soli dorati che, di lì a poco, avrebbero adornato la nostra tavola e deliziato i nostri palati.
Il sobbollire del sugo in cui la carne si preparava ad assorbire i profumi degli altri ingredienti segnava il passare del tempo, mentre noi disponevamo tutto il necessario per la preparazione del piatto. Vista, udito, olfatto erano già impegnati in un’esperienza che configurava una promessa per il gusto; di lì a poco, avrei infilato le mani nel riso per iniziare a modellare gli sferici fagotti e, a partire da quel momento, la preparazione delle arancine avrebbe coinvolto tutti e cinque i miei sensi, assumendo i connotati di un gioco istruttivo, perché la pazienza e la passione necessarie in cucina sono, spesso, anche ingredienti importanti nella vita, che è, comunque, bene attraversare con tutti i sensi all’erta.
Procuratevi un mozzo
Se intendete dedicarvi alla preparazione di questo piatto antico, procuratevi, innanzitutto, un valido aiutante, un “mozzo” insomma che vi aiuti nel lavoro manuale: non solo dimezzerete il tempo di esecuzione, ma potrete chiacchierare amabilmente mentre le arancine prendono forma sotto le vostre mani.
Vi serviranno, poi:
PER IL RIPIENO
400 gr. di polpa di maiale
1 cipolla
concentrato di pomodoro
sale q.b.
2 foglie di alloro
chiodi di garofano
noce moscata
200 gr. di piselli
cipolla
parmigiano grattugiato
150 gr. di salame a fette tagliato a striscioline
150 gr. di formaggio tagliato a tocchetti
Per preparare il ripieno, fate rosolare la carne, in un unico pezzo, in olio extra-vergine di oliva e, nel frattempo, tritate grossolanamente mezza cipolla. Non appena la carne sarà dorata su tutti i lati, unite la cipolla, il concentrato di pomodoro necessario a conferire al sugo un bel colore rosso-bruno, qualche chiodo di garofano, una macinata di noce moscata, il sale necessario e una foglia di alloro. Aggiungete acqua fino a coprire la carne, portate a ebollizione e lasciate cuocere a fuoco lento per un paio di ore, ovvero il tempo necessario a rendere morbida la carne e piuttosto denso il sugo.
Nel frattempo, preparate un soffritto di cipolla in cui tufferete i piselli, per poi coprirli di acqua e, dopo averli salati, lasciarli cuocere brevemente.
Quando la carne sarà cotta, prelevatela dalla pentola, disponetela su un tagliere e sfilacciatela aiutandovi con coltello e forchetta. In un altro tegame, soffriggete l’altra mezza cipolla tritata e adagiatevi gli straccetti di carne, facendoli rosolare un po’. Amalgamate, quindi, con il sugo (o parte del sugo, perché il composto deve rimanere piuttosto solido), aggiungete la foglia di alloro, i piselli, il salame e un po’ di parmigiano grattugiato.
PER IL RISO
1 kg. di riso
4 uova (di cui separerete i tuorli dagli albumi)
100 gr. di burro
100 gr. di parmigiano grattugiato
2 bustine di zafferano
sale
pangrattato (se possibile, utilizzatene uno non troppo fine o, meglio, preparatelo da voi)
Mai scolare il riso!
Lessate il riso in acqua salata e non troppo abbondante e, quando sarà al dente, cominciate a rimuovere l’acqua in eccesso con un mestolo: il riso, infatti, non va scolato, altrimenti diventerebbe troppo compatto, compromettendo la giusta consistenza delle arancine. Terminata l’operazione, spegnete il fuoco e aggiungete lo zafferano, il burro, il parmigiano e i quattro tuorli. Amalgamate il tutto e trasferite su un grande piatto da portata, dove il composto avrà modo di raffreddarsi più in fretta.
A questo punto, siete pronti a cominciare a modellare le arancine.
Munitevi di una fondina piena d’acqua e disponete un paio di taglieri o un grande piatto da portata sul piano di lavoro. Bagnatevi le mani e prelevate un pugnetto di riso, cominciando a dargli la forma di una palla e deponendo via via le palle sui taglieri (o piatti). Continuate, insieme al “mozzo”, fino a esaurimento della materia prima.
A questo punto, sempre con le mani umide (dovrete bagnarle ogni volta che si asciugano, per impedire al riso di attaccarsi alla pelle), prelevate una pallina di riso, appoggiatela sul palmo della mano sinistra e scavate delicatamente un incavo al centro con i polpastrelli della destra. Disponete, quindi, al suo interno un cucchiaino di carne, qualche pezzetto di salame e formaggio e richiudete bene la pallina, comprimendola con delicatezza tra le mani.
Una volta che avrete riempito l’ultima sfera, stanchi ma contenti, concedetevi pure un bicchiere di vino insieme al “mozzo”, prima di procedere all’impanatura.
Sbattete energicamente gli albumi delle quattro uova fino a renderli spumosi e chiedete al mozzo di cominciare a tuffarvi le arancine, una alla volta. Il mozzo dovrà accarezzarle tra le mani fino a eliminare l’albume in eccesso e, poi, deporle nel pangrattato. Voi avrete cura di impanare ben la superficie e di sagomare ogni arancina per renderla perfettamente sferica.
Finito il lavoro, forse sarà necessario un altro goccio di vino.
Molto meglio l'olio extravergine di oliva
Il mio consiglio è di friggere le arancine in abbondante olio extra-vergine di oliva. Se utilizzate una friggitrice elettrica, riempitela come da indicazioni; altrimenti, utilizzate un pentolino non troppo capiente: non è necessario che l’intera superficie sia coperta, purché abbiate cura di girare le arancine durante la cottura. L’olio non dev’essere troppo caldo, perché la superficie si dorerebbe troppo in fretta mentre l’interno rimarrebbe freddo.
Di tutti gli oli per uso alimentare, quello extra-vergine di oliva è senza dubbio il più costoso, ma di gran lunga il più salutare. Non è certo più calorico degli altri, è l’unico estratto mediante procedimenti meccanici, ossia senza l’impiego di prodotti chimici (come avviene nel caso degli oli di semi), ha un alto contenuto di grassi monoinsaturi, che lo proteggono dall’ossidazione quando esposto a temperature elevate, e questo è quello che ci dicono gli esperti del campo nutrizionale. Dal punto di vista empirico, la mia esperienza è che una frittura in olio extra-vergine non vi farà mai pentire di averla gustata, sia per il sapore impareggiabile dei piatti, sia perché la vostra digestione non sarà messa a dura prova da un tipo di cottura che non si può annoverare tra i più “leggeri”.
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